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GIUSEPPE, L'UOMO GIUSTO

GIUSEPPE, L'UOMO GIUSTO.

 

Mentre in un certo ambiente culturale si sta proponendo la cancellazione dell'esistenza di Dio, qualche gioralista prevenuto sta portando avanti una campagna letteraria per relegare il cristianesimo nell'ambito di una costruzione che, dai presupposti paolini, si è concretizzata solo nel sec. IV e che, con Gesù, avrebbe poco a che fare.

Lasciando ai settori preposti il dibattito su tali argomenti, in questa rubrica desideriamo lasciar emergere la testimonianza del cristianesimo realizzato, vissuto sin dalle origini e che le opere d'arte ci hanno trasmesso presentandoci, nei dipinti, quei protagonisti che, nel corso di duemila anni, si sono accesi come fari luminosi lungo la storia della vita umana. Questa volta parliamo, nella sua ricorrenza onomastica, di san Giuseppe, un nome sempre presente nel corso dei secoli, prima e dopo Cristo, divenuto singolare con l'evento di Nazaret.

Nell'opera d'arte, l'iconografia più frequente del Santo è quella della Natività dove Giuseppe appare pensoso e contemplativo. Così lo vediamo nel Presepe di Stroppo, opera ancora goticheggiante e ispirata a quelle icone orientali, che presentano Giuseppe nel suo silenzio, talvolta tentato dal dubbio (icona di Rublev). Altre volte come a San Sebastiano di Marmora e a Sampeyre, Giuseppe appare sollecito nella preparazione del cibo alla puerpera; altrove, come nell "Adorazione dei Pastori" di Sebastiano Ricci del Duomo di Saluzzo, è paternamente chinato verso al Bimbo.

L'iconografia della Natività è l'immagine specifica della sua identità: "Chiamato ad essere il custode del Redentore, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa" (Mt. 1,24) (G.P.II Redemptoris Custos RC 1)

Brevi parole che sintetizzano la fede eroica di Giuseppe il quale al compiersi dei fatti, si trovava in un momento di vita comune a tanti giovani: il fidanzamento nel rito ebraico, in cui la sposa era già sua moglie, ma per un anno senza coabitazione. Al termine dell'anno si teneva la festa durante la quale s'introduceva la fidanzata in casa del fidanzato ed iniziava così la vita coniugale.

La scena dello Sposalizio della Madonna venne rappresentato magistralmente da Raffaello all'inizio del '500 nella pale di Brera, e ripreso da altri artisti.

A Busca nello spazio prospettico creato dal comasco Carlo Scotti nel 1782, nel presbiterio della chiesa parrocchiale, è dipinta la grande scena dello Sposalizio di Maria SS. che, nella sonorità spaziale raffaellesca, realizza un'equilibrata composizione di plastiche michelangiolesche figure. L'opera rappresenta gli sposi, accompagnati dal seguito, davanti al sommo sacerdote nel tempio di fronte al Santo dei santi e all'arca dell'alleanza. Particolarmente bella accanto a quella di Maria è la figura di Giuseppe, giovane, nel cui atteggiamento traspare l'amore e la trepidazione per quella sua sposa avvolta di mistero.

Fu in quel primo tempo sponsale che Giuseppe, nel fiore degli anni, ricco di fede, innamorato di Maria, seppe che la sua sposa era incinta. Quel figlio non era suo, per legge poteva denunciare la sposa e condannarla alla lapidazione, o ripudiarla pubblicamente condannandola all'emarginazione."

"Giuseppe nel Vangelo è definito giusto. Quella di Giuseppe è la giustizia di Gesù, la beatitudine della "giustizia", "Se la vostra giustizia non sarà superiore a quella degli scribi e dei farisei (Mt. 5,20.) Giuseppe aveva diritto di ripudiare Maria, la legge è giusta, ma è insufficiente a stabilire un rapporto con Dio", egli allora pensò di rimandarla in segreto (Mt. 18-19). In preda al dubbio e all'angoscia ecco l'Angelo del Signore in sogno viene a rassicurarlo: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Ella partorirà un figlio, e tu lo chiamerai Gesù"

"La narrazione biblica è una meditazione che si fa a distanza, - dice Michelangelo Priotto - non basta una notte di sogno per conoscere la volontà di Dio, anche se il sogno è un mezzo che indica il superamento della razionalità e, nel mondo biblico, è segno di un'ispirazione divina.

Il fatto che Maria vada da Elisabetta è per dare tempo e spazio a Dio. Questa lontananza è adatta per permettere a Giuseppe di recuperare il senso dell'evento. In questi quattro mesi Giuseppe, alla luce delle Scritture comincia a capire la volontà di Dio, che non agisce in modo magico".

Una volta conosciuta la sua missione, Giuseppe vi si consacrò con tutte le sue forze. Fu sposo, custode, discepolo, guida e sostegno, come ha espresso con intensità il bel film Nativity di Catherine Hardwicke.

"La paternità di Giuseppe è dunque in rapporto con la Parola. Giuseppe è vero padre perché egli accoglie fino in fondo il Figlio di Dio come tale. Quello tra Maria e Giuseppe è un vero matrimonio: egli accoglie Maria come sua sposa. Giuseppe deve vivere nella sua umanità un momento difficile, insolito, ma è colui che con fatica, accogliendo la Parola, costruisce una vera famiglia: l'accettazione dell'altro. Questo è matrimonio" ( M.PRIOTTO. Settembre 2007).

Le raffigurazioni di Giuseppe nell'arte cristiana compaiono solo dal V secolo, come nell'arco trionfale della Basilica di S.Maria Maggiore a Roma. L'arte catacombale dei secoli precedenti riflette l'urgenza dell'annuncio kerigmatico che in Gesù si compiono le Scritture: egli è "Il Dio con noi". Per questo le scene di Natività presentano accanto a Maria e al Bambino, il Profeta, (Isaia 7,14 o Balaam Nm.24,17 ) che indica la stella simbolo del "re divino", il re d'Israele. La raffigurazione di Giuseppe, secondaria in questo contesto, veniva trascurata.

Invece l'archeologia, in Palestina, ha restituito importanti documenti. A Nazaret, oltre a quella sorta sulla grotta dell'Annunciazione, si trova la Basilica nella quale "nostro Signore fu nutrito", la chiesa di San Giuseppe sorta su un luogo chiamato nella tradizione locale, "Casa ed Officina di Giuseppe". Nel 1913-14, qui sono stati fatti degli scavi, sono state trovate, parti delle abitazioni primitive, grotte, cisterne che rimandano alle abitazioni del villaggio d'epoca romana. E'apparsa anche una vasca mosaicata con gradini, probabilmente un fonte battesimale dei primi giudeo-cristiani di Nazareth. Si tratterebbe di una domus ecclesiae sorta sul luogo dove la santa famiglia visse 30 anni e che i pellegrini indicavano come la casa del padre putativo di Gesù, la Chiesa della Nutrizione, dove Gesù è vissuto. A confermare la realtà del luogo, sappiamo dalla Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea che riporta il racconto dello storico giudeo-cristiano Egesippo (II sec. d. C.), che alcuni tra i parenti stessi di Gesù, rimasti a Nazaret e denunciati come appartenenti alla stirpe di Davide", "furono posti a capo delle chiese come martiri e insieme parenti del Signore".

Giuseppe, con Maria e Gesù visse in questa casa, la casa del silenzio di Dio, il silenzio della grazia, della gratuità. Il nascondimento di Giuseppe , nel corso dell'intera sua vita e dopo la morte, sembra quasi essere il suo segno distintivo. Come giustamente ha osservato Vittorio Messori, "lo starsene celato ed emergere solo pian piano con il tempo, sembra far parte dello straordinario ruolo che gli è stato attribuito nella storia della salvezza". Il Nuovo Testamento non attribuisce a san Giuseppe neppure una parola. Quando comincia la vita pubblica di Gesù, egli è probabilmente già scomparso (alle nozze di Cana, infatti, non è menzionato).

Nel silenzio di Nazaret la coppia Maria e Giuseppe in un matrimonio verginale, al di là dell 'eros, ma vissuto nella comunione più piena e più vera - la comunione dei cuori, cementata da profonde affinità spirituali - "costituisce il vertice dal quale la santità si espande su tutta la terra" (Giovanni Paolo II, Redemptoris Custos, n. 7),

MIRELLA LOVISOLO in CORRIERE DI SALUZZO 12 marzo 2009

BIBLIOGRAFIA GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris Custos, 15 agosto 1989

M.PRIOTTO, Pellegrinaggio in Terra Santa settembre 2007

 



Per informazioni e approfondimenti contattaci: mirellalovisolo@gmail.com

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